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Interviste

Da 20 anni sul ponte del comando

7 Febbraio 2019
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Un binomio indissolubile quello tra la Fias e il suo “storico” presidente, Bruno Galli. Di Varese, brevettato Ara nel lontano 1972, ha conseguito tutte le specializzazioni subacquee esistenti in Fias ed è presidente dal 1997 (l’incarico scadrà nel 2021). L’abbiamo incontrato in redazione per una chiacchierata a 360 gradi sul nostro mondo.

Dai primi dati che ho avuto modo di vedere – racconta Galli – il bilancio della stagione è stabile, in linea con quelle passate. Però c’è ancora tanto da fare. La subacquea manca di visibilità, di organizzazione. Mi spiego meglio. Quando vai in montagna a sciare trovi facilmente tutto quello di cui hai bisogno. Arrivi sul posto ed ecco il noleggio dell’attrezzatura, a fianco gli impianti, lungo le piste i rifugi e nei dintorni alberghi di ogni categoria per soggiornare. La subacquea, purtroppo, non è così. È tutto più complicato e macchinoso, anche se qualcosa sembra che stia cambiando, specialmente in Liguria».

Secondo te da cosa dipende?
«In Italia manca la cultura del mare. Ecco il problema. E ciò accade soprattutto proprio nei posti sul mare. Gli abitanti lo considerano una loro proprietà, non un bene comune. Invece il mare è un’enorme risorsa, che andrebbe sfruttata al meglio. Però non è così. Basta vedere a quante e quali difficoltà un diving va incontro per poter lavorare: dai permessi ai posteggi, alle Capitanerie con il risultato che non ci si riesce più a muovere. E a espandersi. Poi bisognerebbe entrare seriamente nelle scuole, insegnare la cultura del mare e spiegare cosa significa andare sott’acqua. La nostra disciplina, invece, viene demonizzata alla prima occasione. Vi sarete resi conto che quando capita un incidente sott’acqua tutto si ferma. E la gente ha il timore e non si immerge più. Eppure gli incidenti capitano (e molti di più) anche in montagna, girando in automobile, però in quei casi si dimentica già dall’indomani».

Diamo qualche numero. Quanti tesserati ha attualmente la Fias?
«Sono circa 4000, con 95/96 strutture peri-feriche. Abbiamo poi un diving gestito direttamente da noi, il Continente Blu di Marina di Camerota, che si trova in una posizione strategica potendosi spingere da Capo Palinuro fino a tutta l’Amp di Porto Infreschi. Fondali particolari e bellissimi, caratterizzati da tantissime caverne e grotte di diversa difficoltà».

Parlaci delle iniziative…
Settembre e ottobre sono mesi parecchio impegnativi per una serie di eventi che abbiamo messo in cantiere. C’è il Festival Subacqueo in Sardegna (dal 4 al 7 di ottobre), un appuntamento che vorremmo che diventasse annuale. L’idea è di portare la subacquea all’interno del Parco dell’Asinara e di far capire l’importanza di ciò anche ai residenti, cosa che, per esperienza, non è sempre semplice. Dall’11 al 14 sono in programma ad Alassio gli esami per gli istruttori Ara e di apnea e gli esami per Sirene, con tanto di corso istruttore. Qualcuno potrà sorridere, ma il corso per Sirene sta avendo un successo notevole, specialmente in alcune zone, come ad esempio a Torino. Fa bene come esercizio, è propedeutico per i corsi successivi, sia di ara che di apnea e anche sotto l’aspetto coreografico suscita tanto interesse. D’altra parte, diventare sirena è il sogno di ogni ragazzina; librarsi nel blu vestite di tutto punto e con la mono pinna… Infine, il 15 e 16 settembre si è svolta la quarta edizione del Memorial Parlati. Una manifestazione dedicata a un nostro istruttore di Napoli che è morto per un malore sott’acqua. Si è tenuta a Camerota e sono state effettuate immersioni abbinate a un programma scientifico. Sono intervenuti ospiti del calibro di Patrizia Maiorca, Marroni, Rastrelli e l’Albatros di Bari. E’ stata organizzata assieme a Paolo Marcolin, della Otosub».

Avete in programma anche viaggi?
«Sì. A fine di ottobre andiamo a Marsa Alam, in Mar Rosso. Una scelta se vogliamo simbolica in quanto penso che il turismo torni di nuovo a crescere dopo la lunga crisi di questi anni. Molto dipenderà da chi gestirà la ripresa. Un’occasione da sfruttare in quanto il Mar Rosso rappresenta un volano importante per l’intero movimento. E poi i fondali hanno “riposato” per diverse stagioni e ciò non può che aver giovato alla fauna e agli spettacoli che andremo a vedere. Spero che saremo numerosi. Certo, non raggiungeremo i numeri fatti registrare qualche anno fa, quando portammo ben 130 persone alle Maldive. Prendemmo un intero villaggio vuoto per pieno. Fu un rischio sotto l’aspetto economico, ma fu anche un grande successo».

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